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A Ginevra si decidono le sorti dell’Indocina

«La Conferenza di Ginevra è stata incontestabilmente un avvenimento positivo per la Svizzera. Essa ha offerto l’occasione di far conoscere il nostro paese a uomini di Stato che non l’avevano mai visto e che hanno trovato un’atmosfera favorevole alle loro discussioni e ai loro lavori ». Ciò è quanto riferiva il consigliere federale Max Petitpierre, nel settembre del 1954, dapprima alla conferenza degli ambasciatori svizzeri e poi alla Commissione esteri del Consiglio nazionale. Quella Conferenza, che la Svizzera si limitò ad ospitare senza parteciparvi direttamente, è passata però alla storia per ben altri motivi. A Ginevra le grandi potenze cercarono di ridefinire gli equilibri geopolitici in Indocina – ovvero in Vietnam, Laos e Cambogia – dopo il crollo del colonialismo francese. Le decisioni prese allora segnarono profondamente la storia della seconda metà del ‘900.

Ne parliamo con gli esperti del Gruppo di ricerca dei Documenti diplomatici svizzeri (Dodis): Marc Perrenoud e Sacha Zala

 

Il documento storico

Relazione del Consigliere federale Max Petitpierre (Dipartimento politico federale), Berna 10 settembre 1954

Originale in francese nella banca dati Dodis: dodis.ch/32116

 

Traduzione

La Conferenza di Ginevra ci ha anche fornito l’occasione di ricevere a Berna uomini di Stato dei quali alcuni anni fa mai avremmo pensato che un giorno avrebbero superato la soglia di Palazzo federale e percorso il lungo corridoio che collega l’ala ovest all’ala est. Le visite più inattese sono state quelle dei signori Molotov, Chou En-lai e Mendès-France. Anche quelle del signor Bedell Smith, capo della delegazione americana, e del principe Wan, ministro degli affari esteri della Tailandia, sono state interessanti. Ce ne sono state anche altre, senza relazione diretta con la Conferenza di Ginevra, come quella della signora Pandit, sorella del signor Nehru, capo del governo indiano. [Annotazione manoscritta di Petitpierre: *Hammarskjold] Potrebbe interessarvi che vi fornisca alcune indicazioni sui colloqui che ho avuto con questi ospiti di riguardo, che sono stati tutti estremamente gentili e con i quali la conversazione si è sempre sviluppata senza difficoltà, sebbene gli interlocutori non parlino la stessa lingua, in senso proprio e figurato.

Dopo gli usuali complimenti, il signor Molotov mi ha domandato quel che pensassi della Conferenza di Ginevra, se ero pessimista o ottimista. Al che ho risposto che avrei piuttosto dovuto chiederglielo io, poiché era più informato di me su quel che succedeva a Ginevra. Ho aggiunto di essere comunque disposto a esprimermi, nella speranza che il signor Molotov mi desse in seguito la sua opinione. La conversazione ha così preso avvio dalla Conferenza di Ginevra. Ho osservato che due uomini di Stato mi sembravano poter assumere il ruolo di conciliatori: il signor Eden e lo stesso signor Molotov. Il signor Molotov si è mostrato soddisfatto di questa osservazione. Ha rilevato che era dovere suo e del signor Eden, in quanto presidenti della Conferenza, di cercare di conciliare i diversi punti di vista. Ha aggiunto che le difficoltà erano molto grandi e che non si poteva dire se fossero tutte sormontabili. Il signor Molotov non è sicuro che tutti vogliano evitare la guerra (allusione velata agli Stati Uniti). Poi il signor Molotov, senza che gli facessi delle domande, ha dichiarato che i governi svizzeri hanno saputo mettere in pratica una politica saggia, che aveva permesso alla Svizzera di restare fuori dalla guerra. Ho fatto notare che eravamo in una posizione geografica relativamente favorevole e che le nostre montagne facilitavano la sua difesa. Il signor Molotov ha ripetuto che se anche queste circostanze potevano aver avuto un ruolo, era la politica dei governanti svizzeri ad essere stata l’elemento decisivo. Ho colto questa occasione per ricordare che da secoli gli svizzeri cercavano di restare fuori dai conflitti che opponevano le grandi potenze, in particolare quelle che un tempo ci circondavano. Ho aggiunto che il nostro esercito chi aveva sempre protetti, in particolare durante l’ultima guerra, e che se in futuro avesse dovuto battersi, pensavamo che si sarebbe battuto bene. Il signor Molotov ha quindi chiesto informazioni sulla natura del nostro esercito, ciò che mi ha permesso di precisare che si trattava di un esercito di milizia, che ogni cittadino era soldato e che il popolo e l’esercito formavano una sola entità.

Nell’ufficio del presidente della Confederazione, poi durante il pranzo nella casa von Wattenwyl, la conversazione è proseguita, molto animata, sui soggetti più disparati. Il signor Molotov mi è parso interessato in particolare al ruolo che lo Stato assume nella nostra economia.

Con il signor Chou En-lai ho avuto una conversazione un po’ più lunga che con il signor Molotov. Il signor Chou En-lai ha sottolineato che la Conferenza di Ginevra era stata ben organizzata. Lui stesso si era trovato bene nella casa in cui aveva abitato e la delegazione cinese era soddisfatta degli alberghi in cui alloggiavano i suoi membri. Il signor Chou En-lai ha osservato che la Conferenza di Ginevra era una conferenza per la pace, in vista della pace, che si teneva in un paese affezionato alla pace. Si è detto convinto che la Conferenza sarebbe giunta a un risultato positivo, ma anche che ci sarebbe voluto molto tempo. Poiché l’atmosfera era favorevole, ho ritenuto opportuno affrontare la questione della nostra delegazione nella Commissione neutrale di sorveglianza in Corea. Ho ricordato che avevamo accettato questo mandato pensando che avrebbe avuto una durata limitata. Ho in seguito indicato le ragioni per le quali, a medio o lungo termine, desidereremmo esserne esonerati. Il signor Chou En-lai mi ha risposto prima di tutto che a nome del governo della Repubblica popolare cinese ringraziava la Svizzera di aver accettato questo mandato in Corea e di averlo svolto finora nel modo con cui l’ha fatto. Ha aggiunto che l’attività della Commissione neutrale di sorveglianza era necessaria e che doveva continuare nonostante le difficoltà che erano sorte tra le varie delegazioni. Crede che il sistema di controllo attuale possa essere migliorato. Ha rilevato che gli Stati Uniti considerano l’attività della Commissione neutrale inutile e che ne vorrebbero la scomparsa. Ho naturalmente precisato che il nostro intervento nel mese di aprile presso il governo cinese e il governo americano erano assolutamente indipendenti dalle eventuali iniziative degli Stati Uniti e che era ispirato unicamente dalle necessità della nostra politica. Ho chiesto al signor Chou En-lai di dedicare la sua attenzione a questo problema, che ci interessa.

Anche la conversazione nel corso del pranzo è stata interessante. Il signor Chou En-lai mi è sembrato preoccupato sia per problemi interni, sia per le questioni di politica estera. Mi ha parlato degli sforzi industriali fatti dalla Cina: la costruzione di dighe per regolare il corso dei fiumi, lo sviluppo di un’industria pesante, la produzione di petrolio, la fabbricazione di automobili, l’industrializzazione dell’agricoltura, lo sviluppo della medicina e della produzione di farmaci chimici. Ho chiesto al signor Chou En-lai se la filosofia di Confucio e quella di Lao-Tze ancora ispirassero il popolo cinese. Mi ha risposto che frasi derivate da queste filosofie si erano trasmesse di generazione in generazione e che sono conosciute ancora oggi. In compenso il buddismo in quanto religione non è più praticato, se non da ambienti ristretti. Ha perso importanza e influenza.

La conversazione con il signor Bedell Smith mi ha permesso di discutere anche con lui la questione di un eventuale ritiro della nostra delegazione dalla Commissione neutrale di sorveglianza sulla Corea. Gli Stati Uniti non vedono nessun problema nell’eventuale scioglimento di questa commissione.

Il signor Bedell Smith, che è stato ambasciatore a Mosca durante gli anni successivi alla fine della guerra, alla fine della luna di miele tra gli Stati Uniti e l’URSS, è stato colpito dal cambiamento di attitudine del signor Molotov. Questi era trattato in modo molto insolente e anche umiliante da Stalin. Riceveva gli ordini come un domestico. In quel momento non era che un esecutore, mentre oggi appare come il vero capo degli affari esteri dell’URSS.

L’incontro che ho avuto con il signor Mendès-France è durato circa un’ora. Poiché il signor Mendès-France era molto stanco e doveva incontrare nel pomeriggio il signor Chou En-lai, non ho voluto fare troppe domande. Abbiamo naturalmente parlato della Conferenza di Ginevra, dell’incontro che avrebbe dovuto svolgersi nel pomeriggio. Il signor Mendès-France non sapeva cosa sarebbe uscito da questo incontro, da cui sperava un risultato positivo. Mi ha detto di non sapere niente delle intenzioni sovietiche, cinesi e del Vietnam. In seguito abbiamo parlato a lungo di problemi economici e finanziari, ai quali il signor Mendès-France si interessa particolarmente, come pure degli scambi commerciali tra ovest ed est, sul conto dei quali non bisogna farsi troppe illusioni.

Il signor Mendès-France è riconoscente alla Svizzera per il rifugio che vi ha trovato durante la guerra. Ha vissuto qualche mese clandestinamente sotto falso nome a Ginevra, dove era stato accolto da un consigliere di Stato e consigliere nazionale.

 

Per approfondire il tema:

e-Dossier: Conferenza di Ginevra dodis.ch/dds/1721

Altri documenti su incontri con personalità di primo piano come ad esempio Chou Enlai (dodis.ch/8954), Pierre Mendès France (dodis.ch/8616 e dodis.ch/9533), Wjatscheslaw Molotow (dodis.ch/9031) e il Segretario generale dell’ONU Dag Hammarskjöld (dodis.ch/9578 e dodis.ch/9580).

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