Inizio dello «scandalo Mirage» in 1964

«Si tratta di una questione molto imbarazzante, che gli causa da tempo molte preoccupazioni», riferì Paul Chaudet ai suoi colleghi del Consiglio federale nel corso della seduta del 28 febbraio 1964. Nel quadro dell’acquisto di nuovi aerei da combattimento francese Mirage, spiegò il capo del Dipartimento militare federale (DMF), il budget approvato dal parlamento era stato ampiamente superato. Anche il capo di Stato maggiore Jakob Annasohn era «molto depresso» per questo motivo (dodis.ch/31973, originale in tedesco).

«Un credito aggiuntivo spaventosamente alto»

Lo sforamento dei costi per 576 milioni di franchi reso noto dal Consiglio federale all’inizio di maggio – in origine il parlamento aveva approvato l’acquisto di 100 aerei da combattimento per 871 milioni di franchi – suscitò molta sorpresa nell’opinione pubblica. Una pianificazione poco trasparente, la produzione su licenza in Svizzera di parti del Mirage e le numerose modifiche del velivolo chieste dalla Svizzera, tra cui l’integrazione di elettronica di bordo di produzione statunitense, avevano condotto, come si espresse il Dipartimento delle finanze in un rapporto complementare, alla «dimensione spaventosa del credito aggiuntivo richiesto», che «supera di varie volte tutto quanto finora usuale» (dodis.ch/32049, originale in tedesco).

Dimissioni al DMF

Le camere federali si rifiutarono di entrare in materia sulla richiesta di credito supplementare e nominarono una commissione d’inchiesta, le cui conclusioni risultarono devastanti per i responsabili del DMF. Alla fine il parlamento ridusse a 57 il numero di velivoli da acquistare. Anche le preoccupazioni del capo del DMF e del capo di Stato maggiore si rivelarono fondate: lo scandalo Mirage condusse entro la fine del 1966 al licenziamento del capo delle forze aeree Etienne Primault e alle dimissioni di Annasohn e Chaudet (dodis.ch/32042, originale in tedesco, e dodis.ch/32047, originale in francese).

Francia o Svezia?

I primi dissapori erano emersi già nel corso della procedura di valutazione per l’acquisto di aerei da combattimento. Il DMF aveva preferito il francese Dassault Mirage III allo svedese Saab Draken per motivi tecnico-militari. L’acquisto del Draken invece sarebbe stato «particolarmente gradito» al Dipartimento politico federale (DPF, oggi DFAE), per considerazioni relative alla «politica commerciale» (dodis.ch/15498, originale in tedesco): la Francia faceva parte della Comunità economica europea (CEE), mentre la Svezia aveva aderito all’Associazione europea di libero scambio (AELS), di cui la Svizzera faceva parte come membro fondatore. Si temeva che l’acquisto del Mirage «provocasse un certo malessere all’interno dell’AELS» (dodis.ch/15497, originale in francese). «Dal punto di vista della nostra politica di neutralità sarebbe stato meglio se avessimo potuto fare l’acquisto in Svezia piuttosto che in Francia», notò il capo del DPF Max Petitpierre (dodis.ch/15500, originale in tedesco).

Pressione diplomatica su questioni aperte

Dopo che nel dicembre del 1960 il governo ebbe preso la decisione a favore del Mirage – «con cattiva coscienza e di malavoglia», come si espresse il consigliere federale Willy Spühler (dodis.ch/15500, originale in tedesco) –  i diplomatici della Confederazione cercarono di esercitare pressione sul governo di Parigi attraverso il produttore di armamenti Dassault, per ottenere decisioni favorevoli alla Svizzera nelle vertenze bilaterali aperte (dodis.ch/15509, originale in francese). «Il Consiglio federale non dovrebbe firmare alcun contratto finché le promesse non saranno mantenute», ammonì Petitpierre nel gennaio del 1961 rivolgendosi a Chaudet (dodis.ch/15504 e dodis.ch/15508, originali in francese).

All’epoca il capo del DPF non poteva ancora supporre che lo «scandalo Mirage» (dodis.ch/T621) sarebbe scoppiato a causa di problemi di budget.