Banca dati

E-dossiers

Gründung der EFTA vor 60 Jahren

Am 4. Januar 1960 wurde durch die Unterzeichnung der Stockholmer Konvention die Europäische Freihandelsassoziation (EFTA) gegründet. In Kraft trat das Übereinkommen am 3. Mai 1960. Die Schweiz war neben Dänemark, Grossbritannien, Norwegen, Österreich, Portugal und Schweden eines der sieben Gründungsmitglieder. Ausschlaggebend für die Schaffung der EFTA waren das Nichtzustandekommen einer grossen Freihandelszone in Westeuropa und die Gründung der Europäischen Wirtschaftsgemeinschaft EWG in Rom 1957 gewesen.Wahl zwischen «Isolatierung und dem Zusammengehen mit den Sieben»Der Schweizer Spitzendiplomat Robert Kohli fasste die Optionen der Schweiz folgendermassen zusammen: «Die Schweiz hatte angesichts der Unmöglichkeit für sie, dem gemeinsamen Markt beizutreten, nur die Wahl zwischen der Isolierung und dem Zusammengehen mit den Sieben.» (dodis.ch/15432). Ziel der EFTA war einerseits ein gemeinsames Auftreten ihrer Mitgliedsstaaten gegenüber der EWG, um wirtschaftliche Nachteile zu vermeiden, und andererseits zu beweisen, dass eine Freihandelszone in Europa funktionieren könnte.Dokumente zu den Anfängen der EFTAZur Gründung der EFTA und zur Rolle, welche die Schweiz dabei gespielt hat, können Sie beispielsweise folgende Dokumente als pdfs herunterlanden:Bundesratsbeschluss zur Ministerkonferenz in Stockholm vom 20. Juli 1959 (dodis.ch/14494);Notiz des Generalsekretärs des Politischen Departements, Robert Kohli, zur EFTA vom 18. November 1959 (dodis.ch/15432);Erklärungen zur EFTA von Bundesrat Max Petitpierre vor der Ministerkonferenz in Stockholm am 19. und 20. November 1959 (dodis.ch/15944, dodis.ch/16433).Alle Dodis-Dokumente zur EFTA finden sich unter dodis.ch/D426.
leggi tutto
Portrait de Maurice Bavaud

Maurice Bavaud, l'auteur suisse de l'attentat manqué sur Hitler

En novembre 1938, le Suisse Maurice Bavaud (dodis.ch/P3807) tente à plusieurs reprises d’assassiner Hitler. Arrêté, emprisonné, il est condamné à mort en décembre 1939. Il sera exécuté à Berlin le 14 mai 1941. Les lettres du père de Maurice Bavaud Dès janvier 1939, Alfred Bavaud (dodis.ch/P43200), le père de Maurice, adresse plusieurs lettres au Département politique fédéral (DPF) afin que son fils bénéficie de la protection diplomatique (cf. dodis.ch/32432, dodis.ch/32435, dodis.ch/32439, dodis.ch/32440, dodis.ch/32441, dodis.ch/32442, dodis.ch/32443). Les lettres d’Alfred Bavaud expriment l’inquiétude et l’angoisse de plus en plus poignantes. Dans la lettre du 14 mai 1939 (dodis.ch/32433), il affirme que son fils ne faisait pas de politique. «Mais par les temps actuels, surtout dans certains pays, […] les étrangers, pour un écart de langage, sont mis en prison et très souvent déportés dans les camps de concentration, d’où ils n’en sortent plus vivants.» Maurice Bavaud écrivit plusieurs lettres qui furent détruites par les autorités allemandes. Il fut néanmoins autorisé à envoyer des lettres à sa famille qui transmit au DPF celle du 17 août 1939 (dodis.ch/32434) et celle du 5 avril 1940 (dodis.ch/32438). Les lettres des autorités suisses A Berne, les diplomates suisses écrivent des lettres (dodis.ch/32436, dodis.ch/32457 et dodis.ch/32452) pour demander à la Légation de Suisse à Berlin (dodis.ch/R371) d’agir. Mais les diplomates suisses à Berlin affirment qu’il est inutile et dangereux d’intervenir en faveur de Maurice Bavaud (dodis.ch/32451 et dodis.ch/32460). Ces arguments ne sont pas approuvés à Berne (cf. dodis.ch/32453). De son côté, le Ministère public de la Confédération (dodis.ch/R993), suite à une demande de la Police de sécurité du IIIe Reich, adresse le 16 juillet 1940 (dodis.ch/32459), au chef nazi Heinrich Müller (dodis.ch/P4886), un long rapport sur Maurice Bavaud (dodis.ch/32458). Les documents d’après-guerre Après la guerre, les diplomates suisses se montrent plus actifs. Ils obtiennent que la République fédérale allemande accorde une somme à titre de réparations. Un tribunal allemand en 1955 commue la condamnation à mort, mais la transforme en une peine de prison (dodis.ch/32454). Le recours du Département politique fédéral aboutira en 1956 à une seconde décision qui annule la condamnation à mort (dodis.ch/32455 et dodis.ch/32456). Les déclarations du Conseil fédéralPlusieurs livres ont traité du destin tragique de Maurice Bavaud. Le 7 novembre 2008, le Président de la Confédération Pascal Couchepin rendit hommage à Maurice Bavaud et regretta les insuffisances des diplomates suisses de l’époque.
leggi tutto

La Svizzera e l'anno dell'Africa 1960

Il 1960 fu designato dalla Storia «anno dell'Africa». Nel corso di quell'anno, 17 paesi africani ottennero l'indipendenza. Il riconoscimento di questi nuovi Stati da parte della Svizzera avvenne rapidamente e senza problemi, perché il processo d'indipendenza era avvenuto secondo le «regole del diritto», vale a dire con l'accordo delle potenze coloniali.Cooperazione allo sviluppoLa Svizzera desiderava stabilire buoni rapporti con questi nuovi Stati, spesso economicamente interessanti. A partire dall'inizio degli anni Sessanta, l'Africa occupa un ruolo di primo piano nella politica svizzera di cooperazione allo sviluppo e diversi Paesi del continente, come ad esempio il Ruanda ed il Cameroun, furono designati come Paesi prioritari. Durante il conflitto del Congo, che scoppia poco tempo dopo l'indipendenza nell'estate del 1960, la Svizzera partecipa attivamente alle missioni di pace dell'ONU fornendo viveri, mettendo a disposizione degli aerei e inviando medici ed esperti.Tra prestigio e compromissioniIl fatto che la Svizzera in quanto Stato non abbia mai partecipato direttamente alle conquiste coloniali le conferisce un certo prestigio agli occhi dei giovani Stati africani. D'altra parte, i contatti relativamente intensi della Svizzera con il Sudafrica e il rifiuto di partecipare alle sanzioni dell'ONU contro i regimi razzisti dell'Africa australe hanno ripercussioni negative sui rapporti politici con gli altri Stati africani.Documenti sul riconoscimento di Stati africaniSul riconoscimento dei nuovi Stati africani e lo stabilimento di relazioni con essi, è possibile scaricare i seguenti documenti :   Le decisioni del Consiglio federale concernenti il riconoscimento dei nuovi Stati africani del maggio (dodis.ch/15540) e del luglio 1960 (dodis.ch/15541) Il rapporto di un viaggio in Africa dell'Ovest di un alto funzionario federale nel 1961 (dodis.ch/15536) Una nota del Consigliere federale Max Petitpierre sulle azioni umanitarie della Svizzera in Congo (dodis.ch/15341) Una nota sulla visita in Svizzera di una delegazione ministeriale del Ruanda nel 1962 (dodis.ch/30687) Un rapporto politico della Legazione di Svizzera a Città del Capo sul massacro di Sharpeville nel 1960, quando la polizia sudafricana represse una manifestazione contro l'Apartheid (dodis.ch/16420)
leggi tutto

La crisi di Berlino e la costruzione del muro

«Da domenica all’una del mattino Berlino si trova virtualmente in stato d’assedio». Questo, in sostanza, il contenuto del telegramma inviato a Berna dalla Delegazione svizzera a Berlino il lunedi 14 agosto 1961. «La posa di filo spinato, barricate, carri blindati, schieramento di polizia con armi pesanti e l’installazione di mitragliatrici hanno trasformato i limiti dei diversi settori della città in frontiere di Stato strettamente sorvegliate.» (dodis.ch/30568, tradotto dal tedesco) Blindando la città, le autorità della Repubblica democratica tedesca (RDT) intendono impedire la fuga all’Ovest di un numero sempre crescente di loro concittadine e concittadini. La situazione è «esplosiva», secondo i rapporti dei diplomatici svizzeri. Mentre decine di migliaia di abitanti di Berlino Ovest manifestano contro le «violenze» delle autorità della Germania Est, ci si interroga su quale sarà la reazione delle grandi potenze. Durante la seconda crisi di Berlino, dal 1958 al 1962, la Guerra fredda attraversa una delle sue fasi più «calde». I collaboratori della rappresentanza svizzera seguono da vicino gli avvenimenti del 13 agosto 1961 e la costruzione del muro di Berlino da parte della RDT. La Delegazione svizzera occupava già gli stessi locali dove oggi ha sede l’ambasciata, a pochi metri dalla frontiera tra l’allora settore controllato dall’Unione sovietica e quello sotto controllo degli Alleati occidentali. I rapporti dei membri della Delegazione costituiscono una testimonianza preziosa per la comprensione degli avvenimenti al centro del conflitto tra l’Est e l’Ovest. Sulla crisi di Berlino è possibile consultare, tra gli altri, i seguenti documenti in formato pdf:Telegramma (dodis.ch/30568) e rapporto dettagliato (dodis.ch/30446) della Delegazione svizzera a Berlino sull’«accerchiamento di Berlino Est»;Lettera della Delegazione sulla situazione delle concittadine e dei concittadini svizzeri stabiliti nella RDT (dodis.ch/30447) e rapporto di un diplomatico sulla sua visita a Berlino Est (dodis.ch/30570).Lettera dell’Incaricato d’affari svizzero a Cologna sulle reazioni in Germania Ovest alla crisi di Berlino (dodis.ch/30569);
leggi tutto

50 anni di cooperazione svizzera allo sviluppo

Con la decolonizzazione in Asia e in Africa negli anni cinquanta, anche per la Svizzera le relazioni con i nuovi Stati assunsero un’importanza vieppiù crescente. La creazione il 17 marzo 1961 del servizio del Delegato del Consiglio federale per la cooperazione tecnica – l’attuale Direzione dello sviluppo e della cooperazione – può essere considerata come la pietra miliare della cooperazione svizzera allo sviluppo. Da allora, essa rappresenta un elemento centrale della politica estera elvetica.Modello per i paesi in via di sviluppoLa Svizzera considerava sè stessa, «con la sua ricchezza ottenuta con il lavoro, la sua indipendenza basata sulla disciplina, la sua pace religiosa e linguistica ottenuta con il federalismo» come un modello politico ed economico per i paesi in via di sviluppo (dodis.ch/15105, p. 11, orig. francese). Per la Confederazione, la cooperazione era anche un’occasione per ridare lustro alla politica di neutralità, che aveva subito un discredito a livello internazionale durante la Seconda guerra mondiale, nonché un modo per compensare la non appartenenza all’ONU.Paesi prioritariAll’inizio, l’aiuto allo sviluppo elvetico era costituito da forniture di materiale (ad esempio latte in polvere), l’invio di esperti e l’attribuzione di borse di studio. Alcuni paesi, come il Nepal o il Ruanda, furono designati come prioritari in funzione della loro situazione geografica favorevole, della loro taglia ridotta o ancora sulla base dell’esistenza di legami importanti con la Svizzera.Documenti sull'inizio della cooperazione allo sviluppoSull’inizio della cooperazione svizzera allo sviluppo, è ad esempio possibile scaricare i seguenti documenti:o Direttive, motivazioni e principi della cooperazione allo sviluppo: dodis.ch/30144 e dodis.ch/30148;o Le ragioni per le quali il Ruanda (dodis.ch/30255) rispettivamente il Nepal (dodis.ch/18986) avrebbero dovuto diventare paesi prioritari per l’aiuto allo sviluppo.
leggi tutto

40 anni di voto alle donne: una questione di politica estera

L'assenza del diritto di voto alle donne ha rappresentato per la Svizzera anche un problema di politica estera: «attraverso i rapporti delle mie ambasciate, la lettura della stampa estera ed i miei colloqui con visitatori illustri, mi rendo conto a che punto l'assenza del diritto di voto alle donne nuoce all'immagine del nostro paese». Così si esprimeva Friedrich Traugott Wahlen, Ministro degli esteri della Confederazione dal 1961 al 1965. Non era del resto questa l'unica ragione che spingeva il Consigliere federale, membro del Partito dei contadini, degli artigiani e dei borghesi, a difendere il diritto di voto alle donne. In una risposta ad una cittadina esasperata, aggiungeva: «trovo ingiusto che le donne siano escluse dalle pubbliche responsabilità, mentre ogni cittadino uomo, persino se idiota, può prendervi parte attraverso i bollettini elettorali e di voto.» (dodis.ch/31459, tradotto dal tedesco) Nel 1959 il popolo aveva rifiutato il diritto di voto alle donne, e ciò aveva suscitato all'estero reazioni di costernazione. L'esito della votazione intaccò l'immagine di democrazia liberale della Svizzera ed impedì l'adesione della Confederazione alla Convenzione europea dei diritti dell'Uomo. Il diritto di voto e di eleggibilità delle donne fu infine accettato in votazione popolare il 7 febbraio 1971. La Svizzera fu così uno degli ultimi stati europei ad accordare alla sua popolazione femminile l'insieme dei diritti civili. Sulla dimensione di politica estera del voto alle donne, è possibile scaricare i seguenti documenti: Reclamo di una cittadina rispetto all'impegno di F.T. Wahlen in favore del diritto di voto alle donne (dodis.ch/31467 e relativa risposta dodis.ch/31459); Reazioni della stampa estera di fronte all'assenza del diritto di voto alle donne, esempio dei Paesi Bassi: dodis.ch/31464; Visite di delegazioni dell'Alleanza delle società femminili svizzere al Consigliere federale F.T. Wahlen (dodis.ch/31470 e dodis.ch/31472). Un dossier su questo tema è disponibile all'indirizzo dodis.ch/T881.
leggi tutto

Wissenschaft und Aussenpolitik

Mitte der fünfziger Jahre rücken wissenschaftliche Fragen zunehmend in den Fokus der Schweizer Dipomatie. Beginnend mit der Einrichtung eines Wissenschaftsrates in Washington 1958 schickte die Zentrale in Bern Delegationen ins Ausland und baute ein Netz an Experten auf, die auf ihren Posten in verschiedenen relevanten Staaten wissenschaftspolitische Fragen in die Diplomatie einbrachten. Zu Wissenschaft und Aussenpolitik können Sie auf Dodis folgende Dokumente einsehen: 1955 Der Schweizer Botschafter in Washington schlägt die Ernennung eines Wissenschaftsrats vor (dodis.ch/11215). Der Bundesrat ernennt Urs Hochstrasser, welcher 1958 den neugeschaffenen Posten antritt. Das Pflichtenheft orientiert sich an Hochstrassers Erfahrung (dodis.ch/30404, dodis.ch/30601, dodis.ch/30428). Gleichzeitig versucht der Bundesrat eine allgemeine Politik der wissenschaftlichen Zusammenarbeit zu definieren (dodis.ch/16053, dodis.ch/18874). 1957-1959 Die Finanzierung der wissenschaftlichen Forschungen in der Schweiz durch die amerikanische Armee löst Unruhen im Eidg. Militärdepartement aus (dodis.ch/14825). Die Schweizer Botsdchaft in Washington sprich sich gegen den Bundesratsbeschluss aus, der dies verbieten will (dodis.ch/14842). In der Folge wird beabsichtigt diesen Bundesratsbeschluss aufzuheben und durch einen Neuen zu ersetzen (dodis.ch/14848).1959-1960 Urs Hochstrasse zieht eine Bilanz der Schweizer Wissenschaftspolitik (dodis.ch/30694) und thematisiert auch den internationalen Informationsaustausch im Berich Wissenschaft (dodis.ch/30639). 1960-1970 Die Schweizer Wissenschaftsräte verfolgen in den Vereinigten Staaten die Entwicklungen der Atomenergie (dodis.ch/30636, dodis.ch/30643) sowie der Wissenschaftspolitik, welche als exemplarisch beurteilt wird (dodis.ch/30634, dodis.ch/30100). Die Situation der Auslandschweizer Forscher wird als problematisch bezeichnet; dies ruft verschiedene Überlegungen und Lösungsvorschläge hervor (dodis.ch/30491, dodis.ch/30695). 1967 Die Schweiz entsendet Wissenschaftsräte nach Tokio und Moskau (dodis.ch/30774), aber nicht in London (dodis.ch/30775). In Moskau wird schliesslich ein Wissenschafts- und Industrierat ernannt. 1969 Eine Schweizer Delegation erstattet dem staatlichen Komitee für Atomenergienutzung der UdSSR einen Besuch (dodis.ch/30283);die Gespräche führen zu einem Abkommen eine gemeinsame Zusammenarbeit (dodis.ch/30393). 1969-1975 Der erste Wissenschaftsattaché in Tokio bereitet sich auf seine Tätigkeit vor (dodis.ch/30467) und verfasst später einen Erfahrungsbericht (dodis.ch/30473). Die Neuausrichtung des Budgets durch das Parlament führt zur Abschaffung des Postens des Wissenschaftsrats in Tokio. Dessen Dossiers sind an den Kulturattaché übertragen worden. Mehrere Projekte der multilateralen Forschung kennzeichnen die 1980er Jahre. Im Jahr 1990 setzt die Schweiz einen Wissenschaftsrat für die Europäischen Gemeinschaften ein. Von 1995 an wird die Entwicklung des Netzwerkes in Europa, Amerika und Asien fortgesetzt.
leggi tutto